Paolo Albani
IL BELLO DELL'ANEDDOTICA

 L'aneddotica è un genere letterario che possiede ancora un suo fascino. Ai lettori piacciono le curiosità biografiche, gli episodi marginali, poco noti della vita di un personaggio famoso, piacciono perché mostrano quel personaggio sotto una luce diversa, più umana, con i suoi difetti, le sue piccinerie, il che contribuisce a renderlo più avvicinabile, a volte persino simpatico. 
 Il record mondiale degli aneddoti spetta al Palazzi che nell'edizione definitiva della sua Enciclopedia degli aneddoti (1966) ne ha raccolti ben 15.653, sparsi in tre volumi recentemente ristampati da Zanichelli. Un ulteriore segnale dell'interesse per l'aneddotica viene dal successo del libro di Fabrizio Rugosi Nuovi aneddoti mai raccontati, edito da Natali & Carena, ultimo arrivato in questo campo di ricerca letteraria. Dal libro di Rugosi sono tratti gli aneddoti che seguono.

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 Personaggio introverso a causa del suo corpo gibboso (a otto anni, cadendo, si era procurato una deformazione della spina dorsale), ipocondriaco e sedentario di natura, Georg Christoph Lichtenberg, illustre scienziato e scrittore di impareggiabili aforismi, si annoiava moltissimo a Göttingen, dove viveva. Quando non andava a trovare l'amico editore Dieterich o all'università, Lichtenberg restava a casa sbirciando per ore i passanti dietro la finestra. Se per caso vedeva passare una fanciulla, da sola, vestita in modo semplice, dimesso, allora Lichtenberg le faceva le linguacce allargandosi la bocca con i diti mignoli e si grattava la punta della testa, come fanno le scimmie, gonfiando allo stesso tempo le gote.

 Nell'agosto del 1927 - il 18 o forse il 19 di quel mese - Johannes Theodor Baargeld, pseudonimo di Alfred Grünwald, pittore e scrittore tedesco tra i principali animatori del gruppo Dada a Colonia, che da anni ormai aveva smesso di dipingere, durante l'ascesa dell'Aiguille de Bionnassay nelle Alpi francesi, scomparve nella neve travolto da una valanga. Il giorno prima della disgrazia, seduto al tavolo di un rifugio, davanti a un gran numero di boccali di birra vuoti, sembra che Grünwald abbia gridato ad alcuni alpinisti con i quali aveva preso un'animata discussione sul significato dell'arte: «Dada vi seppellirà tutti!»

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 Una delle passioni di Giosue Carducci era giocare a briscola e a scopone con gli amici. Poiché Carducci era un tipo prepotente, suscettibile, che voleva sempre primeggiare e si credeva un grande giocatore di carte, gli amici per non contraddirlo, che lui altrimenti diventava intrattabile, lo lasciavano vincere. Tutti tranne uno, un certo Alfredo Gori, detto il «Mosca», che a carte lo stracciava sempre il Carducci, senza pietà. Una volta la moglie del poeta, Elvira, andò a trovare il «Mosca» e lo supplicò di far vincere il marito alle carte. «Quando perde al tavolo da gioco» - gli disse la signora Elvira - «il poeta sta anche due, tre settimane senza scrivere un verso!»


[Questo aneddoto su Carducci è stato ripreso in AA.VV., Repertorio dei matti della città di Bologna, a cura di Paolo Nori, Marcos y Marcos, Milano, 2015, pp. 204-205].

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 Una volta Paul Cézanne regalò a un contadino un quadro in cui erano rappresentati un bicchiere, una bottiglia, un piatto e delle cipolle. Due mesi più tardi Cézanne tornò dal contadino e gli chiese indietro il quadro perché voleva mandarlo al Salon, convinto che avrebbe fatto la sua bella figura. «È sufficiente che me lo diate in prestito» - si affrettò a precisare Cézanne. Ma il contadino disse che non ricordava più dove l'aveva messo; l'ultima volta che l'aveva visto il quadro stava nella legnaia, ma ora da lì, non sapeva come, era sparito. Allora Cézanne si arrabbiò e fece promettere al contadino che almeno per due anni gli avrebbe dato delle cipolle gratuitamente.

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 Quando lo assaliva l'irrefrenabile desiderio di comporre, Richard Wagner non voleva sentir volare una mosca intorno a sé, altrimenti perdeva la concentrazione e non riusciva più a combinare nulla di buono. Di conseguenza dette precise istruzioni a un domestico perché durante i periodi in cui scriveva musica al pianoforte gli scacciasse le mosche che svolazzavano, fastidiose, dentro lo studio. Nei mesi in cui Wagner lavorò alla stesura del Tristano e Isotta il domestico raccontò di aver allontanato, secondo un calcolo approssimativo, più di cinquecento mosche dallo studio di Wagner.


il Caffè illustrato, 34, gennaio/febbraio 2007, p. 6.

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