ANDERSEN
libri
& idee - scuola & biblioteca
n. 265, dicembre 2009
LE POESIE DEL
NON
DETTO
di
Paolo Albani
Durante una normale
conversazione, quando parliamo con
un interlocutore,
c’è sempre qualcosa che resta implicito, che non viene espresso
apertamente. Ad esempio se dico: «Maria aspetta un figlio»,
in questa banalissima frase è implicito il fatto che Maria
è
una donna, non solo, ma che è una donna in età da poter
mettere
al mondo un figlio, presumo inoltre che sia sposata o che abbia un
partner,
ecc.
Nella poesia, come del resto in tutte le forme di comunicazione
artistica, il non detto ha un ruolo importante, viene esaltato
sia
dall’ambiguità (linfa vitale) del linguaggio, dalla
pluralità
di significati che una parola detiene sia dall’estrema condensazione
che
i versi impongono: in poche parole, facendo spesso ricorso a metafore,
si devono esprimere concetti, stati d’animo, situazioni, atteggiamenti
verso il mondo, passioni amorose o civili, e altro ancora.
È anche in virtù di questo non detto, di
ciò che rimane implicito, sotterraneo, nascosto dentro le parole
(e negli spazi bianchi, come insegna Mallarmé), che le poesie si
prestano a molteplici interpretazioni, sono «opere aperte»
che stimolano la fantasia del lettore.
A proposito dell’implicito, esistono delle curiose poesie in cui il non
detto si mostra senza mezzi termini, in modo chiaro, immediato,
poesie
in cui il non detto costituisce intenzionalmente l’oggetto
stesso
della poesia. Mi spiego con alcuni esempi.
François Le Lionnais (1901-1984), fondatore nel 1960 insieme
a Raymond Queneau dell’OuLiPo (Ouvroir de Littérature
Potentielle,
Opificio di Letteratura Potenziale), ha scritto un sonetto La rien
que
la toute la (La nulla che tutta la) senza usare nomi, aggettivi e
verbi,
la cui prima quartina, in italiano, recita così:
Voi voi voi, perché ma
di cui sebben nessuna
Quando di ciò (per dalle) con ciò perché
non
mai;
Soltanto gli e le già se quando per noi
Allo e contro quei chi di cui voi anche di.
Qualcosa di simile (siamo
qui decisamente nel campo
minato del
nonsense) aveva fatto Yorick, pseudonimo dell’avvocato, giornalista e
scrittore
Pietro Coccoluto Ferrigni (1836-1895), in un teso intitolato non a caso
«Mistero» di cui riportiamo l’inizio:
Quando talor frattanto,
forse, sebben così,
giammai piuttosto alquanto
come perché bensì?
Ne Il giro del giorno
in ottanta mondi (1967),
straordinario
libro costruito sul modello degli almanacchi e dei collage dadaisti,
ricco
di immagini che suggeriscono libere associazioni di idee, Julio
Cortázar
(1914-1984) riporta una poesia, «Il rogo su cui arde una»,
dove si susseguono versi che restano, come accade già nel
titolo,
in sospeso, non conclusi, interrotti:
Fu il primo ad accusarmi di
Senza prove e forse a malincuore, ma c’era chi
Già si sa che in un paese sperduto fra
Il tempo pesa immobile e soltanto ogni
[…]
lasciando al lettore, messo in
condizione di giocare un ruolo
attivo,
di riempire il non detto, in questo caso volutamente esplicito, con le
proprie soggettive congetture.
Andersen, libri
&
idee - scuola & biblioteca, n. 265, dicembre 2009, p. 30.
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