La prima cosa che colpisce, dal punto di vista fisico, nei personaggi
creati da Altan è il naso. È un particolare estetico che non si può non
notare. Tutti i personaggi di Altan hanno nasi enormi, lunghi,
bitorzoluti, a volte arricciati in modo strano. Un salsicciotto sembra
il naso di Cipputi, operaio metalmeccanico comunista; simile a quello di
un maiale è il naso dell’uomo con l’ombrello, che spesso ficca nel
sedere di un altro uomo, e una banana in mano, in cui si ravvedono le
sembianze del Cavaliere (una delle poche concessioni a prese in giro di
politici); con la punta rientrante quello di Cristoforo Colombo o di
Francesco d’Assisi, soprannominato Franz; a forma di banana, rivolto
verso l’alto, quello di Casanova: tre protagonisti di altrettanto
biografie in chiave satirica scritte da Altan. Che se fossero permalosi,
i personaggi nasuti di Altan, come il povero Cyrano de Bergerac, e se
la prendessero con chi osasse nominare in loro presenza la parola
«naso», sarebbero affari seri.
Ma in genere i personaggi di Altan sono individui
miti, dai modi pacati, come lo è d’altronde il loro creatore, uomo
schivo, di poche parole, riservato, lontano dagli echi della mondanità.
Sul terreno della satira politica, Altan preferisce guardare le cose
che accadono intorno a sé, il mondo che va a scatafascio, il senso (e il
nonsense) della vita, stando dalla parte degli elettori, delle
persone comuni, e non di quello degli eletti, degli uomini di potere. La
sua satira è leggera, specchio di un umorismo intelligente, e
filosofica, nel senso che fa riflettere, che accende lampadine in testa
(«C’è l’incertezza del futuro», dice il bambino al babbo che risponde:
«Godiamocela, che quando diventerà certezza saranno cazzi»; «Il futuro
non lo voglio più. Portatemi il conto e basta» si sfoga sconsolata una
donna a seno nudo), e comunque la satira di Altan non si azzera mai
nell’attualità, non scade mai nella banalità della cronaca spicciola. Le
battute di Altan sono gocce di acuta saggezza, valide sempre, in ogni
epoca, o quasi. Non perdono in forza mordente, non scolorano con il
passare del tempo, come succede alla maggior parte dei vignettisti.
La brevità dei dialoghi, cifra stilistica
inconfondibile dell’artista, condensa una comicità mai becera, per
niente scontata. E, sovente, autoreferenziale: «Mi piacerebbe sapere chi
è il mandante di tutte le cazzate che faccio»; «Non mi fido più neanche
di me stesso».
L’umorismo di Altan (Treviso, 1942), da qualcuno
avvicinato a quello del migliore Woody Allen, è velato di una candida
amarezza, che quasi lascia senza fiato («Pensandoci bene: gli esseri
umani, a che cacchio servono?»), com’è sempre il grande umorismo, che
non ricerca la risata facile, sterile, ma è un impasto – magico e sagace
– in cui si mescolano vari ingredienti, gioco verbale, rovesciamento
dei ruoli, sorpresa, illusione e disillusione, allegria e tristezza.
Se mettiamo in fila le battute fulminanti delle
tavole (per me è riduttivo chiamarle “vignette”) di Altan, quelle dei
personaggi più rappresentativi della sua ricerca artistica, un
campionario variopinto e balzacchiano di uomini, donne e bambini (Luisa
la tipica moglie disincantata; Mocassino pieno di dubbi esistenziali;
Corvo sostenitore di losche trame; Baschetto il militante di base di
sinistra deluso; Deporcellis il riccone privo di stati d’animo; Nando
detto anche il Trucido; Italo lo scettico), ne esce un volume
istruttivo, nutriente, alla stregua di L’arte di conoscere se stessi
di Arthur Schopenhauer, libro segreto del filosofo tedesco. Sto
esagerando? Certo, un po’ di esagerazione è inevitabile quando si fanno
parallelismi, la mia è una sollecitazione provocatoria. Il mondo di
Altan è stato paragonato a quello di Hieronymus Bosch, in cui convivono
santi e creature mostruose, figuriamoci se non posso accostare il
pensiero di Altan a quello stimolante del pessimista Schopenhauer.
Perché, in fondo, anche Altan pessimista lo è, in senso buono, portatore
di un pessimismo benefico, paradossalmente vitale: «Sono così emotivo
che appena cerco di ragionare mi vien da piangere»; «La vita è
meravigliosa, a parte gli effetti collaterali». Voglio mettervi alla
prova. Di chi è, secondo voi, questa frase: «Penso che l’inizio della
saggezza sia il timore degli uomini»? Schopenhauer o Altan? Vi lascio
nel dubbio.
A Palazzo Buontalenti a Pistoia (via de’ Rossi, 7) è in corso la mostra ALTAN. Cipputi e la Pimpa. Il mondo com’è… e come dovrebbe essere,
curata da Luca Raffaelli, in collaborazione con Kika Altan, figlia
dell’artista, dal 25 marzo al 30 giugno 2023, con una ricca selezione di
disegni, di cui molti originali e inediti. La mostra offre anche spazi
di gioco per i bambini e ospita i personaggi e gli animali di Altan
riprodotti in gommapiuma colorata dallo scultore Pietro Perotti. La
prima sezione della mostra, Il mondo com’è, ospita le vignette storiche a
partire da quelle dedicate al Cipputi o a Trino, dio un po’ maldestro
che, guarda caso, ostenta un bel nasone lungo. Nella seconda parte, Il
mondo come dovrebbe essere, sono esposti i fumetti amati in particolare
dai bambini: la Pimpa, la cagnetta a pois, e Kamillo Kromo, un piccolo
straordinario camaleonte, insieme a altri disegni e fumetti inediti. Le
sale conclusive accolgono la casa della Pimpa ricostruita a grandezza di
bambino, dove i visitatori più piccini possono ammirare il vivace
arredamento e mettersi a giocare e colorare. Chiude il percorso della
mostra una sala video con i cartoni animati della Pimpa. Il catalogo, o
meglio «il giornale della mostra», è in formato tabloid, una scelta
originale, stampato da Coconino Press, Fandango.
Una volta hanno chiesto a Altan quale fosse il suo
messaggio. Lui ha risposto che non ha mai pensato di diffondere
messaggi, quest’ultimi, come sosteneva Vladimir Nabokov, li consegna il
postino, nella buca delle lettere. La cosa bella di Altan è che lui non
giudica, mostra gli uomini, fa dire loro ciò che essi non osano neppure
pensare (Georges Wolinski).
Altan, Cipputi e la Pimpa.
Il mondo com'è... e come dovrebbe essere
Pistoia, Palazzo Buontalenti
Fino al 30 luglio