Paolo Albani
LA DIETA

 

Negli ultimi sei mesi sono dimagrito di 110 chili. Non esagero: ho perso 110 chili! Un record, per me. All’inizio della cura dimagrante ero 130 chili. Un ciccione spaventoso, impresentabile. Tanto per dirne una non riuscivo a sedermi sui sedili dei treni Frecciarossa o Italo, nemmeno su quelli per passeggeri con mobilità ridotta, o sulle poltroncine dei teatri e dei cinema. Soffrivo come un elefante in bilico su quattro zampe su un bicchierino da vodka. Una tortura.

    Prima di iniziare la cura dimagrante, sotto il controllo del dottor Francesco Benvenuti di Firenze, un bravo nutrizionista che mi ha dato una serie di consigli efficaci e mi ha seguito per tutto l’arco dei sei mesi, ero costretto a farmi fare gli abiti su misura, e anche le scarpe (non è facile trovare dei buoni artigiani delle calzature), e spendevo un sacco di soldi. La mia grassezza era una complicazione. Provate ad esempio a far entrare un uomo di 130 chili dentro un’auto, sia pure di grande cilindrata. È un supplizio, tante volte preferivo prendere un taxi, di quelli a pullmino, ma quando mi avvicinavo a una stazione dei taxi, non appena i taxisti, carogne, mi vedevano arrivare, non si facevano sorprendere: mettevano in moto e fuggivano o mi dicevano che il taxi era già prenotato.

Ora se Dio vuole peso 20 chili, etto più etto meno. Per uno alto un metro e 65 non è male, dovete ammetterlo. Sono diventato un fuscello, uno spaghetto misura 3, i cosiddetti spaghettini. E questo è il soprannome che mi hanno dato alcuni amici, appena finita la cura dimagrante: «SPAGHETTINO». Mi piace. Mi fa tenerezza sentirmi chiamare «spaghettino».

Mi sono rifatto il guardaroba, a misura di uno «spaghettino». Ho buttato via tutti gli abiti che avevo prima, adatti alla mia taglia extra-extra-extra-large (li ho gettati in quei contenitori della Caritas per la raccolta degli indumenti; non so a chi potranno servire; se sono furbi, recupereranno la stoffa per confezionare abiti più piccoli).

Mi sento così leggero con i miei 20 chili addosso che, certe volte, temo che un colpo di vento possa sollevarmi in aria, tipo Mary Poppins, e trascinarmi lontano, magari facendomi sbattere contro la facciata di un’abitazione. Non vi nascondo che, in giornate particolarmente ventose, mi vengono idee strane, ad esempio di riempirmi le tasche di pesi, non si sa mai, sassi o pezzi di ferro, per restare ben ancorato a terra. Non voglio rischiare di farmi del male, atterrando bruscamente, precipitando dall’alto; gli «spaghettini» sono fragili e si rompono con facilità.

La mia corporatura, passando dai 130 chili prima della cura dimagrante agli attuali 20, si è ridotta notevolmente, si è afflosciata come un pneumatico bucato o un tubetto di maionese strizzato a metà. Sono cambiato, sembro un’altra persona e anche gli amici di un tempo, gli amici di vecchia data che mi conoscevano quand’ero un ciccione ingombrante, lì per lì stentano a riconoscermi. I miei connotati hanno preso una nuova fisionomia. Ho dovuto perfino rifarmi la carta d’identità e la patente, le foto che c’erano su entrambi i documenti non mi corrispondevano più.

Ora sono un altro.

– Davvero sei tu? Accidenti come ti sei trasformato. Se non ti palesavi con nome e cognome, non ti avrei mai riconosciuto – mi dicono i vecchi amici guardandomi esterrefatti. E li capisco, nei loro panni mi comporterei allo stesso modo, avrei la stessa reazione.

– Cosa ti è successo? Hai il viso così affilato, le guance scavate che fai impressione.

– Sai a cosa assomigli ora? A un levriero afgano, ma più magro della taglia standard.

Meglio un levriero afgano rinseccolito che un’inguardabile palla di lardo, rispondo io sorridendo. Cari miei, sono fiero della mia sottigliezza da «spaghettino».

Una nota positiva: per il mio corpaccione da mongolfiera, prima di perdere 130 chili in sei mesi, non sono mai stato bullizzato. Nessuno mi ha mai preso in giro. È una balla quella che i grassi sono oggetto di derisione e di scherzi terribili. Ci saranno delle eccezioni, come in tutti i casi umani, non lo discuto. Tuttavia, per quanto mi riguarda, posso testimoniare che, nonostante le mie dimensioni da Obelix in sovrappeso rispetto al personaggio originale, non ho mai subìto angherie, aggressioni né verbali né fisiche. Solo una volta, quando avevo quattordici anni, mentre aspettavo di prendere un gelato con mia madre, ricordo una ragazzina con l’apparecchio ai denti e la frangetta rossa che, indicandomi all’amica, le diceva: «Hai visto quello lì? La madre gli comprerà un barattolone di gelato». E poi, sghignazzando, aggiunse: «Ci vorrà una carriola per portarlo via». Non ho mai capito se alludesse al gelato oppure a me.

 

Voglio farvi una confessione, già che ci sono. Sapete perché ho iniziato la cura per dimagrire prescrittami dal dottor Benvenuti, una dieta massacrante, impegnativa che avrebbe messo a dura prova il paziente più disciplinato e salutista? Sì, certo, ci sono di mezzo il colesterolo alto, i problemi cardiocircolatori e il rischio di un infarto che la grassezza rende più probabile, l’affaticamento del fegato, la disfunzionalità dei reni, eccetera eccetera. Tutto questo, non lo nego, ha influito sulla mia decisione di dimagrire.

Ma la vera ragione è un’altra.

La vera ragione è lei, Angela, che nell’intimità chiamo affettuosamente Angelina, perché è una creaturina delicata e sensibile, ma allo stesso tempo con un carattere forte. È a lei che ho promesso di dimagrire, sei mesi fa, una promessa solenne, di quelle che non si possono tradire; è per lei che mi sono impegnato a perdere tutti quei chili in poco tempo, a diventare una piuma, un figurino. Non potevo deluderla. Angelina è una parte importante della mia vita, le voglio un bene da morire.

Quando mi ha visto, nel giardino di casa, che avevo appena finito la cura dimagrante, con il mio nuovo look, magro e allampanato, appena 20 chili di peso, Angelina ha sorriso, così almeno mi è parso, e mi è venuta incontro con la sua camminata lenta. «Che figo!» avrà pensato. Finalmente potremo fare quel gioco, fra di noi, un giochetto innocente, ma sensuale, che quando ero obeso, mostruosamente obeso e pesavo 130 chili non mi azzardavo a mettere in pratica, temendo che quell’esserino dolce che è Angelina facesse fatica a sopportarmi e potesse sentire male.

Adesso non ho più nessuna remora, posso realizzare il mio desiderio, insieme a Angelina, senza timore. Posso montarle sopra, sul carapace, dritto in piedi, restando fermo il tempo che voglio – che vogliamo – io e Angelina, in simbiosi. Il veterinario mi ha rassicurato: i miei attuali 20 chili sono un peso sopportabile per una tartaruga di quella età.

 


aprile 2020

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