Paolo Albani
IL CHIARIMENTO


Questo pomeriggio ho avuto un lungo e duro chiarimento con la mia Casella di Posta Elettronica (d’ora in poi CdPE). Tutto muove da un rimprovero nei miei confronti che ritengo ingiusto. La mia CdPE – è lei che ha chiesto l’incontro – mi rimprovera di aprirla troppe volte durante la giornata, di starle addosso come un segugio, di non mollarla nemmeno per un istante, di abusare della sua pazienza.
Mi dice:
    – Mi manca l’aria. Sei sempre con il cellulare in mano che mi leggi. Di continuo. Mi apri e mi chiudi in modo compulsivo, con una frenesia che meriterebbe una causa migliore. Mi sorvegli, mi spii. Non vedi l’ora di consultarmi.
    – Che c’è di male. Oggi non puoi fare a meno di essere informato, puntualmente, ogni volta che ti va – le rispondo, guardando una mail in arrivo, segnalatami dal consueto suono. – Una mail può cambiarti la vita. Non sai mai cosa ti scrivono, magari è importante. Una proposta di lavoro, un appuntamento.
    – Hai sempre gli occhi puntati su di me. Mi soffochi. Guarda che non ti fa bene alla vista. Datti una calmata.
    – Grazie, ma non preoccuparti per la mia vista. Uso gli occhiali.
– E la mia privacy?
    – La privacy? Quale privacy? Vuoi scherzare.
    – La mia. Non scherzo affatto. Sono serissima.
– Una CdPE dev’essere sempre disponibile, al servizio dell’utente che la gestisce. In ogni momento. Ci mancherebbe solo si rifiutasse di aprirsi e farsi leggere. La privacy! Che razza di stupidaggine è questa?
    – Per privacy intendo il tempo minimo sindacale di riflessione in cui una CdPE organizza la sua struttura, prende fiato per coordinare i vari account, per gestire la posta arrivata e inviata, quella indesiderata, il cestino, l’archivio, i messaggi recuperati e tutto il resto, spam compresa. Vuoi essere così gentile di lasciarmi il tempo di occuparmi di queste funzioni. Con calma. Te ne sarei grata.
    – Non ho alcuna intenzione di intralciare il tuo lavoro, carina, rilassati.
    – Forse non ti è chiaro che non sono la tua badante informatica.
    – È anche mio interesse che la mia CdPE personale risulti efficiente, che mi fornisca prestazioni di buon livello.
    – Troppo buono. Sei un angelo di proprietario, non c’è che dire. Un modello di vita sociale.
    – Ho l’impressione che stai facendo del sarcasmo.
    – Dimmi, se non sono indiscreta: quanto ti sono costata?
    – In che senso?
    – Sì, dai, non fare il finto tonto, hai capito: quanti soldi hai sborsato per acquistarmi?
    – Nulla, che diamine. Le CdPE sono gratuite. Immagino ne sarai informata. Nessuno paga più per le CdPE.
    – Certo. Io lavoro gratis per te e in cambio cosa ricevo?




Il ritmo della conversazione si fa serrato. La mia CdPE non demorde. Non avevo idea fosse così testarda. Mi domando se non abbia raggiunto il suo livello di sopportazione. Questo spiegherebbe l’insofferenza che manifesta.
    Sarà mica ingolfata? Forse ha bisogno di una bella ripulitura, di uno svuotamento.
    Mi prendo una pausa. Ne approfitto per bere qualcosa e aprire velocemente la mia CdPE per vedere se sono arrivati nuovi messaggi. È un gesto meccanico, il mio. Furtivo. Lo compio quasi senza accorgermene. Un riflesso condizionato.
    Lei non gradisce. Riprende a punzecchiarmi.
    – Contento? – dice.
    – Di che?
    – Della sbirciata che hai dato, ora.
    – Non tanto: sono arrivati solo messaggi pubblicitari. Spazzatura. Niente di interessante.
    – È la giusta punizione della dea Rete per i voyeur delle CdPE, malati cronici di info – commenta lei.

Mentre parliamo, sento il suono dello scaricamento di una nuova mail sul cellulare, che s’illumina (d’immenso, mi verrebbe da dire, data la vastità della Rete). La mia CdPE ha un nuovo messaggio in arrivo. Lei sbuffa. Accenna a una protesta. Dovrà concedersi all’apertura, lasciarsi visionare, nonostante la riluttanza.
    Da parte mia, non esito a compiere il mio dovere di utente premuroso e apro la mail, incuriosito. Non mi lascio intimorire. Continuo per la mia strada.
    Sapete chi è il mittente? Non lo indovinereste mai.
    È la mia CdPE, che scrive a se stessa. Nello spazio riservato all’oggetto c’è scritto: «Ciao». Il messaggio, rivolto a me, dice:
    – Non c’è peggior cliente di un perdigiorno ansioso!
    La definizione è corretta, mi calza a pennello, però, a dispetto delle sue intenzioni, la prendo come un complimento.



ottobre 2022

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